Occorre andare al 1490 per trovare
tale genere letterario negli incunaboli
usciti dalla tipografia del bolognese
Antonio Miscomini che pubblicò tre-
dici testi in due volumi “in quarto”, il pri-
mo contenente nove spettacoli, il secon-
do quattro. Non c’erano illustrazioni. In-
clusero l’intera produzione conosciuta di
alcuni scrittori fiorentini di successo
come Antonia Tanini e il coniuge Ber-
nardo Pulci.
L’impresa ebbe fortuna, ebbe delle rie-
dizioni e fu ripresa da Bartolomeo de’
Libri che ristampò cinque drammi ri-
manenti delle due antologie di Misco-
mini e altri ventuno, inediti e tratti da
opere più vecchie diffuse in forma di ma-
noscritto. Tra 1490 e 1495 solo due tipografie avevano pubblicato non meno
di cinquanta rappresentazioni sacre con aggiunte le illustrazioni.
Nei decenni successivi il modello fu riproposto sotto il governo di Soderi-
ni (1502-1512), anche se con minore intensità, al tempo dei Medici tornati
a Firenze e durante i pontificati di Leone X e Clemente VII, allorché vi fu un
risveglio nelle edizioni del genere. Ciò fu dovuto principalmente ai soci ti-
pografi della Compagnia del Drago Antonio Tubini e Andrea Ghirlandi,
che lavorarono spesso su commissione di Francesco di Giovanni Benvenu-
to, editore tra l’altro delle nuove opere del prete empolese Castellano Ca-
stellani.
Dopo il Concilio di Trento le commedie sacre nei libri conobbero un’ulte-
riore crescita soprattutto per opera della tipografia Giunti con tre volumi
del 1555, 1560 e 1578.
Loro destinazione principale furono i conventi delle suore ... A questo
proposito lo studio di Paola Ventrone trascrive a p. 76 un brano interessan-
te, se non gradevole, per chi volesse conoscere la religiosità dell’epoca, in-
centrata sul pensiero della brevità del pellegrinaggio della vita, così tanto
dubbioso da sentire la necessità di conoscere una via diritta e sicura. Poi-
ché da parte delle suore non si potevano leggere sempre libri spirituali, ecco
che diventava opportuno qualche “honesto libro” utile a dar loro consola-
zione:
“Quanto sia necessario alla rational creatura conoscere la diritta & sicura
via di questo nostro corto & dubbioso pellegrinaggio, per venire a quel desi-
derato fine dove tutti intendiamo, non è niuno, ch’io mi creda così poco
amorevole di se stesso & della salute dell’anima sua, il quale chiaramente
nol sappia. Et chi a ciò non pensa se non sempre, bene spesso almeno, non
si puo dire, né ch’egli tema Dio, ne ch’egli ami se medesimo. Nasce dunque