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Il pellegrinaggio alla SS. Annunziata della Compagnia del Borgo di Budrio
Budrio oggi è un grosso centrourbano a 18 km a nord-est di Bologna. Sino da età remota fu sede di un castello, ricostruito sul finire del Trecento, quando gli abitanti ebbero anche
la cittadinanza bolognese. Nel Cinquecento il paese conobbe un periodo di
prosperità economica grazie alla lavorazione e al commercio della canapa.
Budrio ha anche una chiesa parrocchiale intitolata a S. Lorenzo e ricordata già
nel secolo XII. Era di patronato della Comunità e, con Bolla pontificia del 2
luglio 1406, fu affidata ai Servi di Maria che curarono l'ampliamento del
convento, costruendo i chiostri. Ma fu soprattutto nel Seicento (il secolo del
nostro articolo) che la chiesa subì numerose trasformazioni edilizie, a spese
dell’ente patrono.
Una seconda chiesa di Budrio si chiama S. Maria del Borgo, ed è situata sotto
il voltone della Torre Civica del Palazzo Comunale. Fu eretta nel Cinquecento in
seguito a grazie straordinarie concesse da un’Immagine della Madonna qui
custodita. Verso la metà del secolo vi fu istituita la Compagnia delle Lacrime
di S. Maria che poi prese il nome del Borgo e infine del SS. Crocifisso.
Nella chiesa è appunto venerato un crocifisso ligneo detto di S. Filippo Benizi.
Come vi giunse ce lo spiega un quaderno scritto da un ignoto del secolo XIX
conservato nell'archivio del convento della SS. Annunziata. Si intitola:
Descrizione del Pellegrinaggio Budriese all'Annunziata di Firenze, tolta ad
litteram dal cartone conservato nella sagrestia delle Nostre Mantellate di
Budrio. Viaggio fatto dalla Veneranda Compagnia della B.V. ... del Borgo
di Budrio alla SS.ma Annunziata di Fiorenza, e dono fatto da' MM. RR. PP. de'
Servi di Maria del Miracoloso Crocifisso, che fu di Filippo Benizzi l'Anno 1610.
Il 9 maggio del 1610 dunque si
radunarono nella sede il Priore e gli uomini di detta Compagnia e si
dichiararono risoluti ad andare a visitare la SS. Annunziata di Firenze, fatte
le Feste di Pentecoste. A tal fine stabilirono tre capitoli in cui si
imponeva: a) di farsi un Abitino di tela liscia nera sino a mezza gamba,
cappello nero, stivaletti medesimam.e di tela liscia nera, et una ligazza di
seta nera cinta a mezzo da indossare quando erano senza la cappa (il
mantello della compagnia); b) al momento di partire, di ascoltare la Messa in S.
Lorenzo e fare una processione con la Cappa fino al Palazzo dei sigg. Bentivogli;
c) far venire un'Indulgenza Plenaria et Privilegio dal Nostro Signore Papa
Paolo Quinto per tutti quelli che interverrano a questa Santa Funzione.
Il 1 luglio 1610 una quarantina di fratelli, il cappellano (vedi in fondo) e 28
musicisti a quattro a quattro, dopo il raduno nell'oratorio, s'incamminarono in
processione verso S. Lorenzo per udire la Messa. Fecero poi una sosta a casa e
alle 16 tornarono in chiesa, dove cantarono un mottetto. Infine sempre in
processione lasciarono il castello per la Porta di Sopra e andarono verso
Palazzo Bentivogli, scortati da numeroso popolo di diversi paesi lontani.
Al Palazzo si tolsero la cappa restando con l'abitino di tela liscia nera, come
sopra tutti ad un modo, acciò non si conoscesse il ricco dal povero.
Poi a due a due andarono alli Mendicanti, dove si radunarono. Con lo
stendardo entrarono in Bologna, e alla porta di S. Vitale furono accolti dalla
Compagnia dei SS. Sebastiano e Rocco, con molte cortesie e abbracciamenti di
carità, una parte e l'altra diedero in eccesso di pianto. In città
incontrarono anche il card. Legato Giustiniani che si propose come protettore,
fornendo una lettera di raccomandazione affinché, ovunque andassero, anco in
Fiorenza, non fossero importunati.
I budriesi fecero visita a S. Petronio e infine uscirono dalla città, dalla
Porta di S. Stefano. Qui si levarono la Cappa e la riposero sul Bagaglione
(il carro dei bagagli). Arrivorno a Pianora la sera, et alle sette gionsero
fuori le Porte di Fiorenza per fare la raddunanza conforme il concertato
[Leggendo il quaderno sembra che abbiano percorso gli Appennini, circa una
settantina di chilometri, in una nottata ...]. Si riunirono anche ai musici e
alle 22 entrorono in Fiorenza con gran divozione. Allora si viddero incontro
Tre Compagnie con settanta RR. PP. de' Servi di Maria, con stendardi
nobilissimi, et li Religiosi con ricchissimi e bellissimi paramenta. Tutti
insieme percorsero le vie di Firenze, cantando il Te Deum Laudamus a tre cori
con la Musica. La gente per strada era numerosissima, che si stentava ad
andar per la città ...
In S. Maria del Fiore i budriesi cantarono dei mottetti e dopo andarono alla SS.
Annunziata. Nella Piazza la grande moltitudine di persone non faceva passare
nessuno. In più giunsero anche due inviati di Sua Altezza Serenissima vestiti
di rosso. Quando, dopo molti sudori, fatiche et altri interventi,
riuscirono ad entrare nel Santuario, non si poté scoprire, secondo l'uso,
l'immagine della Madonna proprio a causa della gente. Pertanto i confratelli si
ritirarono nei chiostri del convento, si levarono le Cappe, stabilirono con il
loro Priore di farsi trovare al mattino per andare alla Santa Communione,
dippoi abbracciandosi l'uno l'altro si ritirorono con chi dovevano.
Dormirono forse in qualche ospizio o sotto vari ripari. Solo i musicisti
alloggiarono nei locali offerti dai frati.
La mattina, come stabilito, la Compagnia partecipò alla S. Comunione e cantò
la Messa alla cappella della SS. Annunziata. Li musici dell'Accademia di sua
Altezza Serenissima si stupirono di una musica sì squisita e concerti sì rari,
molto più che la Messa era scritta di poco, si credé un miracolo:
all'elevazione della Ostia un musico nostro contralto, cantò un mottetto con
quattordici instrumenti che fu una cosa di maraviglia ... Anche Cosimo II,
uomo malato, ma colto e sensibile alle arti, avendo assistito alla Messa, si
congratulò per l'esecuzione tramite il p. Lelio dei Servi di Maria. Forse vi
trovava un buon augurio perché a Casa Medici si era appena smesso il lutto per
la morte di Ferdinando I (7 febbraio 1609) e si avvicinava il momento in cui
Maria Maddalena d'Austria avrebbe dato alla luce il primogenito, un altro
Ferdinando (14 luglio).
I confratelli poi furono invitati a ritrovarsi alle 22 per assistere allo
scoprimento dell'Immagine della Madonna, ma la gente radunata non lo permise.
L'affresco fu scoperto la notte seguente, segretamente ad un'hora propria e
... fatte le debite orazioni si diede principio al canto e ai suoni di maniera
che ogniuno aveva dall'Allegrezza le lacrime agl'occhi ...
Lo scoprimento dell'Immagine stabiliva anche il momento del ritorno a casa.
Giunse però un altro Maestro di Camera del Granduca ad invitare i budriesi a
visitare la Reggia, cioè Palazzo Pitti. La residenza dei Medici si presentava
allora nella sua forma più antica, non essendo ancora stata allargata da Giulio
Parigi (1620). Ma era già nota per lo splendore e per le Gallerie volute da
Francesco I. Ugualmente la villa di Pratolino, che la Compagnia visitò dopo,
era un simbolo della bellezza di Firenze e dell'ambizione dei Medici di allora.
Infatti Cosimo II riceveva ambascerie dai paesi orientali, richiamava in città
Galileo Galilei, progettava crociate in Terrasanta, attuava una politica di
matrimoni e alleanze con le due grandi potenze europee - Francia e Spagna - per
salvaguardare la pace.
Ciò che i confratelli di Budrio videro a Palazzo Pitti e a Pratolino è
riportato nel brano di sotto. Lo potremmo intitolare: «Due principesse come
guide ...».
Tornati in città, i confratelli indossarono le solite cappe, alzarono lo
stendardo e, al suono delle campane, assieme a due altre Compagnie nobilissimamente
vestite e ai padri dei Servi con candide cotte, ritornarono a S. Maria del
Fiore, a prendere la perdonanza al SSmo Sagramento, mentre una gran
moltitudine del popolo gli veniva a seguitar ... Si apprestavano
finalmente a partire verso l'Emilia, ed erano già fuori dalle porte cittadine,
quando giunse il p. Antonio Zanobi Baglioni dei Servi di Maria e un p. Eremita
di Montesenario con i piedi nudi e portava un bellissimo e devotissimo
Crocifisso. Il p. Baglioni dette la benedizione e disse: ... questa
vostra Santa Compagnia tanto cortesemente e spiritualmente ha mostrato il
benigno affetto, et in segno di questo pigliate questa benedetta Reliquia,
poiché stava nel Reliquiario della SSma Annonziata; questo miracoloso
Crocifisso fu adorato dai Primi Fondatori, cioè da quei Sette Beati che misero
in piedi la Religione SSma de’ Servi di Maria; et ancora pregossi che ne
facessero conto poiché detto Crocifisso fu di S. Felippo Benezzi portatosi
dalla Sua Casa Paterna al Monte Senario ...
Quelli di Budrio ringraziarono commossi e con il Crocifisso tornarono a casa, e
per non ripassare da Bologna, pigliorono altra strada, e gionti al Palazzo
de' Sig. Bentivogli, et fatta la radunanza, alzarono lo Stendardo et entrorono
processionalmente ad hore 21 nel Castello di Budrio col Miracoloso SSmo
Crocifisso portato dal R. Sig. Don Giacomo Parma Nostro Cappellano ...
Raggiunta la chiesa di S. Lorenzo, tolsero la Perdonanza al SS. Sagramento;
e in S. Maria del Borgo collocarono il Crocifisso nella cappella che fu di
Valerio della Nave; e fecero una gran festa. Vi fu un discorso del priore
Giacomo Fracassati che ringraziò infinitissimamente della grata obbedienza
prestatagli; ringraziò ancor quelli che per divozione si erano cavati dalla
loro borsa quella carità che Nostro Signore ispirato gli aveva per l'ajuto et
soccorso tanto del Viaggio fatto, quanto per la loro povera Compagnia, et
umilmente a ciascheduno ricordavali a perseverare in detta Compagnia col
frequentarla di vero cuore, poiché dalla Nostra Protettrice e da quel SSmo
Crocifisso ne avremmo d'ogni nostra piccolo fatica larga ricompensa in cielo
...
... e detto ciò tutti si
partirono dall'Oratorio colla pace del Signore, che in vero, universalmente
conceda come Nostro Misericordiosissimo Padre ...
Sia Gloria a Dio e alla Sua Santissima Madre Vergine Addolorata.
I partecipanti al pellegrinaggio
Erano Giacomo Fracassati priore, don Giacomo Parma cappellano, Baldassarre
Suzzi, Giulio Fracassati, Francesco Medosi, Pietro Mengoli, Alessandro Amadori,
Simone Angiolini, Giacomo Giusti, Valdferra Suzzi, Alessandro Torlaja,
Alessandro Cappellani, Giulio Uguzzoni, Giovanni Atti, Barnaba Sagazzi, Domenico
Maria Fini, Pietro Sgazzetti, Giovanni Antonio Prati, Natale Calcaresi, Giacomo
Floriani, Tommaso Proni, Francesco Bologna, Giovanni Andrea Luchini, Antonio
Scanzani, Leonardo Bertolti, Bartolommeo Cerrellati, Antonio Bartolotti, Angelo
Bolognasi, Filippo Carnovali, Girolamo Moratori, Silvestro Fracassati, Filippo
Benedetti, Orazio Tubertini, Giuseppe Marchioni crocifero, Bartolomeo Mezzetti e
Domenico Calcaresi scalchi, Ercole Marani e Gabriele Dall'Orto sopraintendenti,
Giuseppe Landini et Nanno Mutti forieri, Gian Domenico Bianchi depositario e
provveditore ...
Si notano riuniti nello stesso gruppo alcuni dei Fracassati e uno dei Medosi,
famiglie che dal 1596 a Budrio furono protagoniste - le une contro le altre - di
lotte armate, stragi, guerre civili finite circa un cinquantennio dopo. I
Fracassati, assieme ai Carnevali e agli Zaniboni, seguivano la fazione
ghibellina bolognese dei Malvezzi, mentre i Medosi e i Benni appoggiavano quella
guelfa dei Pepoli. A Budrio oggi è ben conosciuto Palazzo Medosi Fracassati,
che tra il 1660 e il 1670 fu abbellito da don Giovanni Battista Fracassati,
sacerdote dottissimo e generosissimo, di un Teatro delle Commedie.
Piccolo vocabolario
Crocifero: portatore di croce nelle sacre funzioni.
scalco: che ordina il convito e mette in tavola le vivande;
sopraintendenti: che curano gli affari finanziari;
forieri o furieri: che vanno avanti alla Compagnia e provvedono agli
alloggiamenti e alle vettovaglie;
depositario e provveditore: affidatario di somme di denaro.
Due principesse come guide
... gionti colà si mostrò una mano di Camere e Sale molto spaziose
con ritratti di Persone Illustrissime in Armi e Lettere con diversi Armarii
d'Ebano sottilmente lavorati con Statue d'argento, dippoi introdotti in due
altre superbissime Sale viddero in ritratti tutta la Real Famiglia Medicea sino
all'Anno 1587, e per il restante nell'altra, sino all'Anno 1608. Passati nelle
Gallerie viddero in queste alquante statue di bronzo, et altre d'argento
massiccio con diversi intrezzi d'oro riccamente lavorate. Entrati in un'altra
Galleria, dirimpetto si vedeva un Mappamondo tutto intrecciato d'oro e questa è
una delle più belle cose che veder si possa con addobbi ricchissimi e
superbissimi. Entrati in un’altra Stanza, fu aperta un’Armeria tutta d’argento,
ove si vedevano pietre preziose e gioje che quelle Altezze Serenissime tenevano,
cioè: Rubini, Zaffiri, Giacinti, Margarite, Diamanti, Smaraldi, Topazzi, e un
grossissimo Carboncio in mezzo, che pareva si fissasse gli occhi nel Sole;
aperta l'altra parte vi erano Perle, Coralli, Calcedonii, Amatisti, Granati,
Ambre, et una quantità di Pietre Turchesche di varii colori, con un gran pezzo
di Calamita dove appressato qualche ferro restava attirato da detta e con gran
fatica poteva riaversi. Introdotti in una altra Galleria ricoperta d'alabastro
di varii colori, viddero quattro Armarii intrelciati di bellissimi e ricchissimi
ornamenti da parere specchi e dentro di essi vi era valore inestimabile:
nell'Armeria due Principesse Sorelle di Sua Altezza Serenissima cortesemente gli
mostrarono i loro appartamenti. Passarono all'Armeria qual'era fornita di tutte
le armi che mai si può dimandare al Mondo, forniti gl'Elmi e Busti a oro e
gemme; dippoi entrorono nella Zeccha e viddero formar bastoni d'oro e battere
monete: ma la maggior meraviglia fu che tutti li Conventi di Monache erano
aperti per questa Compagnia, e fu concessa la grazia vederli nell'andare et
uscir di città. Gli condusse il detto Maestro di Camera al delizioso Palagio di
Pratolino, fornito di tre Gallerie dal Gran-Duca, con il Serraglio tanto
degl'animali volitili, quanto de' quadrupedi, nobili Peschierie e ben composte
Vigne, un delizioso Monte con vaghissima e bellissima pianura attorno, con
frondoso bosco, e poi viddero alquante Peschierie, ove per forza d'acqua
suonavano Organi, Trombe et altri instrumenti, viddero poi damigelle andar per
acqua, fontane, uscir da soffitti e altre cose che è infinito il poterlo
narrare ...
Paola Ircani Menichini
La
SS. Annunziata, XX, I, gennaio, febbraio 2000.